Shabbàt

Il giorno che dà senso a tutti gli altri

Rabbinato centrale Milano
SH-Halakhà

6. Gli obblighi – La Havdalà

Tratto da “Le basi dell’ebraismo” – Morashà, 2013

Havdala 3

Il termine Havdalà significa separazione. È un breve rito che si compie al termine (“uscita”) dello shabbàt quando nel cielo notturno sono uscite almeno tre piccole stelle. Non si ha, né si deve mostrare premura nello staccarsi dallo shabbàt e riprendere le attività dei giorni feriali: per questo motivo l’orario di uscita dello shabbàt e di Yom Tov viene stabilito qualche minuto dopo l’uscita delle tre stelle.

La Havdalà consiste nella recitazione di quattro berakhòt.

La prima berakhà è sul vino e il suo scopo è di solennizzare l’uscita dello shabbàt allo stesso modo in cui se ne è solennizzata l’entrata con il Kiddùsh;

La seconda berakhà è sul profumo che tende a sostenere lo spirito nel momento in cui il riposo finisce e bisogna riprendere il lavoro;

La terza berakhà è sulla luce del fuoco, per ricordarne la creazione all’inizio della settimana e per indicare che è terminato il giorno in cui è vietato far uso del fuoco;

La quarta berakhà è una formula in cui si benedice «Chi divide tra sacro e profano, tra luce e buio, tra Israèl e gli altri popoli, tra il settimo giorno e gli altri giorni della creazione».

Norme sulla Havdalà

L’ordine di recitare le quattro berakhòt può essere ricordato con la sigla YaVNeH (yàin – vino; besamìm – profumi; ner – lume; H – Havdalà).

Il vino può essere sostituito da altra bevanda, preferibilmente alcolica.

Sugli odori si benedice solo se si sente direttamente il profumo.

La luce deve essere preferibilmente quella di una candela di cera, meglio se a più fiamme. Si benedice solo se si usufruisce direttamente della luce.

Si usa spegnere il fuoco subito dopo la Havdalà, a indicare che è stato acceso appositamente per la cerimonia.

Al termine dello shabbàt, è proibito mangiare prima della Havdalà a partire da quando fa buio (mezz’ora circa prima del termine), a meno che non si protragga la se’udà shelishìt.

Non si può compiere alcuna melakhà prima di aver recitato la Havdalà oppure l’apposita aggiunta nella ’Amidà di ’Arvìt.

Chi non ha fatto la Havdalà ha tempo fino al tramonto di martedì. Dovrà però dire solo la prima e l’ultima berakhà (essendo le altre due specifiche di motzaè shabbàt).

Le donne sono tenute come gli uomini all’osservanza del rito.

Vedi anche: Havdalà – Il senso della separazione

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