Shabbàt

Il giorno che dà senso a tutti gli altri

Rabbinato centrale Milano

La parashà della settimana

Mikkètz 5774

RM-MI Hashavua 300

Uno strano midrash riportato da Rashì nel suo commento alla parashà afferma che Ya’akòv, prima dell’episodio della lotta con l’angelo, ritorna indietro per recuperare delle piccole ampolle che aveva dimenticato. Per questo motivo rimane solo di notte. Ancora più strana è la spiegazione che dà Rashì di questo episodio che ci insegnerebbe che per i giusti il denaro è più importante della vita stessa.

Una spiegazione possibile è la seguente: ognuno di noi ha una missione da compiere nel mondo e Dio ci fornisce gli strumenti necessari per compierla. Si tratta di strumenti di vario tipo: uno strumento può essere ad esempio la nostra intelligenza ma sono uno strumento anche i beni materiali che possediamo. In quest’ottica il denaro e i beni materiali assumono un’importanza fondamentale.

Più avanti nella parashà c’è un breve dialogo fra Ya’akòv ed Esàv che secondo i Chakhamìm ci dà un’indicazione sulla loro concezione del mondo. Esàv dice: Io ho molto. Ya’akòv risponde: Io ho tutto. “Molto” secondo Rav Dessler rappresenta una visione quantitativa dei beni materiali che vengono via via accumulati. “Tutto” indica invece una visione qualitativa o gli strumenti necessari per svolgere la mia missione nel mondo. (Rav A. Arbib)

Halakhà

La delizia dello Shabbat – 2

I pasti sabbatici devono essere abbondanti e variati. In ognuno dei pasti devono esserci non meno di due portate differenti [anche se potrebbe bastare un unico piatto con vari ingredienti, come riso/pasta e carne].

Nei luoghi dove il pesce è apprezzato come un alimento speciale, questo dovrebbe costituire una delle portate (sempre che sia gradito al singolo consumatore). Se la ricerca del pesce comporta una speculazione da parte dei commercianti che aumentano eccessivamente i prezzi quando la domanda cresce, si può e si deve rinunciare al pesce. L’importante è che i cibi siano i migliori e i più graditi (basato su Mishnà Berurà 242, 1). (Rav A. Di Porto)

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