Shabbàt

Il giorno che dà senso a tutti gli altri

Rabbinato centrale Milano
SH-Fonti

4. Midràsh

Tratto da “Shabbath – A cura di Augusto Segre”, Ucei 1972

Midrash

«Affinché conosciate che Io sono l’Eterno che vi santifica» (Esodo XXXI, 13): Disse il Signore a Mosè: «Tra i miei tesori ho un magnifico regalo, che si chiama « Sabato » e desidero darlo a Israele, va e comunica loro questa notizia». (Shabbath, 10; Bezà 16).

Rabbì Shimòn ben Jochaj insegna: «Disse il Sabato davanti alla Maestà del Signore: ‘Signore del mondo, tutti. i giorni della settimana hanno un compagno (sei giorni, tre coppie) e io non l’ho. Rispose il Signore: ‘Israele è il tuo compagno’. E come i figli d’Israele si fermarono davanti al Monte Sinai, il Signore disse loro: ‘Ricordatevi ciò che ho detto allo Shabbàth, il popolo d’Israele sarà il tuo compagno, e questo è il significato della frase: ‘Ricordati del giorno del Sabato leqaddeshò (lett. per santificarlo, qui nel senso di qiddushìm, primo vincolo matrimoniale)». (Bereshìth Rabbà 11,).

Dice Rabbì Jochanan a nome di Shimòn ben Jochaj: «Se Israele osservasse di seguito due sabati come si deve, sarebbe subito redento, come è detto: ‘Perchè così dice il Signore circa gli eunuchi che osserveranno i miei sabati’ (Isaia, LVI,4, dove il numero minimo del plurale è due) e subito dopo è detto (Isaia LVI, 7): ‘e li condurrò sul mio monte santo’». (Shabbàth 118).

«E convocò Mosè» (Esodo, XXXV,l). I nostri Maestri, esperti nell’Aggadà, dicono: «Dal principio alla fine della Torà c’è una sola parashà, ed è questa, che incomincia così: Disse il Signore:’ Fai delle grandi riunioni e spiega loro in pubblico le norme dello Shabbath (all’inizio di questa parashà sono appunto illustrate tali norme), affinché le future generazioni imparino da te a fare riunioni nel giorno di sabato e a studiare e ad insegnare la Torà ed affinché il mio Nome sia glorificato tra i miei figli ». (Jalkùth Simoni)

E vide i lavori di cui erano gravati» (Esodo, 11,11). Vide che non veniva loro concesso riposo. Mosè andò allora da Faraone e gli disse: «Chi ha un servo e non gli dà un giorno di riposo alla settimana, il servo muore. Così sarà per i tuoi servi se non concederai loro un riposo settimanale». Rispose Faraone: «Vai e fai come hai detto». Mosè fece ritorno dai suoi fratelli e fissò per loro il Sabato come giorno di riposo. (Vajkrà Rabbà, 37)

«Sia questa gente caricata di lavoro» (Esodo ,V,9). Gli Ebrei avevano ‘dei testi in cui erano le storie dei padri e le promesse di Dio, e di cui ‘si deliziavano di Sabato in Sabato. E il Signore pensava di liberarli, perché osservavano il Sabato. Disse loro Faraone: « E si occupi di quello senza badare a parole di menzogna » (Esodo V,9), affinché cioè non si deliziassero e riposassero di Sabato. (Shemòth Rabbà, 5)

«I giorni che sarebbero stati formati e a lui uno di essi» (Salmi, CXXXIX,16) (Cioè fra tutti i giorni creati, per Israele ce n’è uno destinato al riposo – il testo ha scritto lo con alef, e allora vorrebbe dire: e non uno solo di essi; ma si legge lo, come se ci fosse a vav, cioè a lui). Cioè, l’uomo fa il suo lavoro per sei giorni e riposa nel settimo si rallegra con i figli e con tutti quelli di casa sua. Lavora ancora sei giorni davanti ai suoi nemici e riposa nel settimo, dimenticando tutte le sofferenze. Questa è la norma per l’uomo: un giorno buono fa dimenticare un giorno cattivo, un giorno cattivo fa dimenticare un giorno buono. (Tanà Deve Eliahu)

«Ricorda il giorno del Sabato» (Esodo, XX,8). RabbI Elazàr ben Chananjà dice: «Ricordati del Sabato fin dal primo giorno della settimana. Se trovi qualcosa di buono durante la settimana, riservalo per il Sabato». (Mekhiltà Jtrò-Bacodesh, 7)

Si racconta che Shammaj il vecchio, durante la settimana, mangiava sempre preoccupato di onorare il Sabato. Così se trovava una bella bestia, diceva: «Questa me la riservo per il Sabato». Se però ne trovava dopo una più bella, allora mangiava la prima e riservava la seconda. Ma Hillel il vecchio non si comportava così. Egli sosteneva che bisogna ringraziare il Signore per ogni cosa che ci dà giorno per giorno, com’è detto: «Benedetto sia il Signore ogni giorno» (Salmo CXVIII, 20). E così abbiamo appreso che Shammaj sosteneva che bisogna pensare al Sabato per tutta la settimana mentre che Hillel affermava: «Benedetto sia il Signore ogni giorno». (Bezà, 16)

Rabbì Jehudà bar Elai era solito comportarsi in questo modo: Si faceva portare, la vigilia di Sabato, recipienti d’acqua calda, con la quale si lavava tutto il corpo; si avvolgeva quindi in un lenzuolo pregiato e sembrava così un angelo del Cielo. (Shabbath, 25)

Rabbì Chaninà alla vigilia di Sabato, indossava verso sera i suoi abiti migliori e diceva: «Andiamo incontro alla regina Sabato». Rabbì Jannai vestiva anch’egli gli abiti della festa e diceva: «Vieni o sposa, vieni o sposa». (Shabbath, 119)

«E il Signore benedisse il settimo giorno e lo santificò» (Genesi; 113). Lo benedisse con la luce che è sul volto dell’uomo e lo santificò con la luce del volto umano, poiché il volto dell’uomo nel giorno di Sabato non è uguale a quella degli altri giorni. (Bereshith Rabbà, 11)

«Io sono nera, ma sono bella» (Cantico dei Cantici, 1,5); sono cioè nera durante i giorni della settimana e bella di sabato. (Shir ha-Shirìm Rabbà, 1)

Due angeli accompagnano l’uomo quand’egli, la vigilia di Sabato, esce dal Beth ha-Keneseth e ritorna a casa. Quando l’uomo entra in casa e trova accese le candele del Sabato e la tavola preparata, l’angelo buono esclama: «Piaccia al cielo che anche il prossimo Sabato sia santificato in questo modo». E l’angelo cattivo, contro voglia, dice: «Amèn, così sia». Ma se non ci sono le candele accese e la tavola non è preparata, l’angelo cattivo dice: «Piaccia al cielo che il prossimo Sabato sia come questo» e l’angelo buono, rattristato e a malincuore dice: «Amèn, così sia». (Shabbath, 119)

Il primo uomo fu creato alla vigilia del Sabato, perché iniziandosi questa festa egli trovasse già tutto pronto per santificarla. A che cosa si può paragonare questo episodio? Ad una persona che aveva invitato a casa sua un ospite di riguardo. Dapprima scelse le stanze più grandi e luminose. Dopo appese alle pareti molte lampade e preparò tutto quanto era necessario per il pranzo. Quando ogni cosa fu pronta, il padrone di casa prese per mano il suo ospite e lo fece entrare in casa. Così fece il Signore, Benedetto Egli sia. Nel primo giorno della creazione il Signore divise la luce dalle tenebre. Nel secondo giorno fece spuntare le rose ed ogni specie di profumi. Nel quarto giorno creò gli astri. Nel quinto gli animali acquatici ed i volatili e nel sesto le fiere ed ogni specie di animali. Alla fine creò l’uomo e lo fece assistere alla mensa del primo Sabato.

«E chiamerai il Sabato delizia» (Isaia, LVIII,13), si riferisce all’accensione dei lumi.

«Hai allontanato l’anima mia dalla pace’ (Ekhà, 111,17). Disse Rabbì Abbau: «si riferisce all’accensione dei lumi». «Ho dimenticato il mio benessere» (idem), si riferisce allo stabilimento dei bagni. Rabbi Jochanan dice: «Si riferisce al lavarsi il corpo con acque calde». Rabbi Jtzchàq Nappachà dice: «Si riferisce al letto, alle lenzuola, coperte e materasso». (Tanchu-riferisce al letto alle lenzuola, coperte e materasso». (Tanchumà, 58, Shabbath, 28, Jalkuth Simoni Ekhà, 3)

Ci hanno insegnato i nostri Maestri: «Quanti pasti si devono fare di Sabato? Tre. Rabbì Chidqà sostiene: Quattro». (Shabbath, 117)

«E se onori quel giorno» (Isaia, LVIII, 13) cioè i tuoi abiti sabbatici siano diversi da quelli degli altri giorni. Dice Rav Hunà: «Se ha altri abiti, li indossi al posto di quelli che porta abitualmente durante la settimana, se non ne ha, si tolga quello che porta e lo abbellisca per il sabato (allungandolo, per esempio, il che è segno di onore e di dignità). (Shabbath, 113)

«E se onori quel giorno non seguendo le tue vie» (Isaia LVIII,l3) e cioè che tu ti astenga dalle tue abituali attività, « e fare ciò che desideri», cioè è proibito ciò che tu desideri, permesso è invece ciò che il cielo vuole (le mizvoth), «e perfino di parlarne» cioè che le tue parole di sabato non siano quelle che di solito usi (per esempio, parlando di affari). (Shabbath, 11)

R. Aqivà stava seduto e piangeva di Sabato. Gli dissero i suoi allievi «Maestro, ci hai insegnato ‘Se chiami il Sabato delizia’». Rispose: «Questa è la mai delizia». (Shibbolè haleqet al pi midrash)

Dice Rabbi Jochanan a nome di Rabbi Elazar figlio di Rabbì Shimon: «Disse il Santo Benedetto Egli sia ad Israele»: ‘Figli miei, prendete a prestito sul mio conto e santificate il Sabato, se ne avete bisogno. Abbiate fiducia in me ed io saldo ogni conto’». (Bezà, 15)

In uno dei possedimenti del ricco Adamo, viveva un uomo di nome Josef. Egli lavorava fedelmente i campi del suo padrone che diventava sempre più ricco e in pari tempo cattivo ed avaro. Josef conduceva una vita semplice; tutta la settimana si contentava, per sé e per la sua famiglia, di poco cibo pur di avere la gioia di riservare al Sabato la maggior parte dei suoi guadagni. In questo giorno infatti non mancavano alla sua tavola il pesce e la carne ed egli indossava i migliori vestiti per recarsi al Beth ha-Keneseth. Una notte il ricco Adamo fece un sogno; vide un vecchio vestito di bianco, con un lunga barba bianca, che gli annunciava: «Tutte le tue ricchezze che ti sono procurate dal lavoro di Josef, torneranno a lui».

Egli si svegliò spaventato e cominciò a pensare come poter salvare il patrimonio. Gli venne un’idea e la attuò: vendette i terreni e col ricavato comprò una grossa pietra preziosa che nascose nel suo cappello. Ma un giorno, mentre passava su un ponte, si alzò un gran vento e il cappello volò via andando a finire nel fiume. Adamo disperato voleva ad ogni costo riprendere il suo tesoro, ma non ci riuscì perché era sparito sott’acqua. L’acqua lacerò il cappello e la pietra preziosa fu ingoiata da un grosso pesce.

Il venerdì, un pescatore pescò il pesce e lo portò al mercato per venderlo, ma nessuno voleva comprarlo perché era troppo grosso e costava troppo. Venne Josef, vide quel magnifico pesce, non badò al prezzo troppo caro pur di averlo per onorare il Sabato, e lo comprò; quando lo aprì vi trovò la magnifica pietra. Finito il Sabato andò a venderla. Egli così ricevette una giusta ricompensa per il lavoro che per tanto tempo aveva dedicato al suo padrone. (Shabbath, 119)

Rabbi preparò un pranzo sabbatico per Antonino. Gli presentò cibi freddi, ne mangiò e li gradì moltissimo. In seguito ebbe anche occasione di preparargli un pranzo durante la settimana. Gli offrì cibi caldi. Disse Antonino: « Quelli che avevo mangiato di Sabato erano più buoni» Rispose Rabbì: «Questi mancano di una spezie speciale» Chiese Antonino: «Forse che i magazzini dell’imperatore mancano di qualcosa?» Gli disse Rabbi: «Essi mancano del Sabato. E tu possiedi il Sabato?». (Bereshith Rabbà, 11)

C’era una volta un uomo pio che aveva una mucca, di cui si serviva per arare. Avvenne che avendo perduto i suoi beni, costui fu costretto a vendere la mucca ad un non ebreo. Il nuovo padrone si servì della mucca per sei giorni nei lavori dei campi, ma quando giunse il Sabato ed egli portò la mucca fuori dalla stalla, la bestia si rifiutò di essere aggiogata e non volle fare alcun lavoro. Egli allora la percorse, ma essa non si mosse. Stando così le cose, ii non ebreo andò da quell’uomo pio e gli disse: «Vieni a prenderti la mucca, per sei giorni infatti ho potuto fare il mio lavoro, ma oggi che è sabato l’ho portata fuori, ma essa non si è lasciata mettere il giogo e non ha voluto fare alcun lavoro; l’ho perfino picchiata, ma non sé neppure mossa dal suo posto ». Non appena ebbe sentito ciò, il buon ebreo si rese subito conto del perché la mucca si fosse comportata in questo modo. Essa infatti era stata abituata a non lavorare di sabato. Rivolgendosi quindi al nuovo padrone, gli disse: «Vieni e la convincerò a lavorare» Come giunsero sul posto, lo ebreo le si avvicinò e le sussurrò in un orecchio: Oh, mia cara mucca, quando eri con me, potevi riposare ‘di sabato; ora a causa dei miei peccati sono stato costretto a venderti a questo non ebreo. Perciò ora ti prego di ubbidire a lui e di fare ciò che questo nuovo padrone t’ordina di fare ». Immediatamente la mucca fu pronta a fare tutto il lavoro richiesto. Il non ebreo rivolgendosi all’uomo pio gli disse: «Non ti darò pace fino a che non mi dirai cosa hai fatto e cosa le hai ‘detto all’orecchio. Hai fatto qualche opera di ‘magia?» Il pio ebreo allora gli raccontò come erano andate le cose. Come udì ciò, si spaventò e tanto di più si preoccupò di se stesso, esclamando»: «Questa mucca che non parla, non ha idee né conoscenza tuttavia ha riconosciuto chi l’ha creata ed io che sono ‘stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, che mi ha dato intelligenza e conoscenza delle cose di questo mondo non riconosco il mio creatore!». Decise immediatamente di passare all’Ebraismo ed ebbe così modo di studiare a fondo la Torà. Fu chiamato: Rabbì Jochanan ben Tortà (mucca). (Pesiktà Rabbati, 14)

Da dove s’impara che in caso di pericolo di vita si può annullare il Sabato? Rabbì Jonathan ben Josef dice: «’Perché è per voi un giorno santo’ (Esodo, XXXI, 14), cioè il Sabato è stato affidato alle vostre mani (lakhem, per voi, per il vostro bene) e non voi alle sue mani». Rabbì Shimon ben Menasià dice: «’E osserveranno i figli d’Israele il Sabato’ (Esodo, XXXI, 16), Profana un sabato, per poter osservarne molti». (Jomà, 85)

Disse la Torà: «Signore del mondo, quale sarà la mia sorte allorché i figli d’Israele saranno entrati in Erez Israel? Ciascuno di loro si dedicherà ai lavori ‘dei campi cd io che fine farò?».

Rispose il Signore: «Ho un compagno che Io ti do, ed è il giorno di Sabato. In questo giorno i figli d’Israele sospendono ogni loro attività settimanale, vanno al Beth haKeneseth, si raccolgono nelle varie scuole e si dedicano allo studio della Torà».

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