Shabbàt

Il giorno che dà senso a tutti gli altri

Rabbinato centrale Milano
SH-Parashòt

Ki Tissà-Parà 5766

“Ma i miei sabati osserverete” (Shemòt 31, 13). Ci si
domanda perché questa frase inizi con la parola
ma. Questo richiamo all’osservanza dello shabbàt è vicino
alle prescrizioni per la costruzione del Mishkàn. Pertanto
tale termine significa che, nonostante l’entusiasmo degli
ebrei a partecipare alla costruzione, dovevano stare bene
attenti a non violare lo shabbàt. I Maestri mettono in risalto
l’opportunità di anticipare lo shabbàt e di ritardarne la
fine, per aggiungere sacro al profano. Rabbì Israel Meìr da
Radin, noto come Chafètz Chaìm, rimproverava le persone
che ritardavano sino all’ultimo momento l’entrata dello
shabbàt, e che appena questo finiva si precipitavano ad
intraprendere le loro attività. Il Chafètz Chaìm spiega che,
mentre lo shabbàt è stato espressamente benedetto da Dio,
i giorni feriali invece risentono della punizione di Adàm,
per il quale il lavoro avrebbe costituito dura fatica. Come è
detto: “Ti procurerai il cibo con il sudore della tua fronte”
(Bereshìt 3, 19).

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