Shabbàt

Il giorno che dà senso a tutti gli altri

Rabbinato centrale Milano
SH-Pensiero

Le caratteristiche dello Shabbàt

Rav Scialom Mino Bahbout

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Tra le seicentotredici mitzvoth, lo shabbath occupa un posto di rilievo che non ha eguali per l’importanza che esso ha sempre avuto sia nella tradizione normativa ed aggadica che nella vita ebraica della famiglia e della Comunità ebraica.

I Maestri affermano che sarebbe sufficiente che tutto Israele osservasse due sabati consecutivi per far venire il Messia. Tuttavia, poiché conoscevano bene le difficoltà connesse con un’osservanza completa dello shabbath, affermano che piu’ di quanto Israele abbia osservato (shamàr) il Sabato, il Sabato ha conservato (shamàr) Israele.

1) Ricorda e osserva

Quali sono gli elementi essenziali che caratterizzano questa mitzvà? Nell’impossibilità di trattare in dettaglio l’argomento (per il quale rimandiamo alla bibliografia reperibile in italiano), ci dobbiamo limitare ad alcuni punti essenziali.

Tutte le mitzvoth possono essere divise in due grandi categorie: quelle che impongono di compiere un’azione (mitzvòth ‘asè = precetti affermativi) e quelle che vietano di fare un’azione (lo tàasè = precetti negativi).

Lo shabbath è caratterizzato da una mitzvà “affermativa” e una “negativa”.

La prima è condensata nella parola zakhòr, “ricorda il giorno del Sabato per santificarlo”(Dieci comadamenti, Esodo 20), che consiste in sostanza nel fare tutte quelle cose che riempiono di significato lo shabbath: recitare il kiddush – la santificazione sul vino all’entrata del Sabato- accendere il lume sabbatico, mangiare tre pasti, indossare abiti speciali, leggere e studiare la Parashà settimanale. Ogni Sabato è diverso dal precedente: infatti, prendendo il nome dalla dalla parashà che si legge in quel Sabato, i suoi contenuti e le riflessioni che lo accompagnano sono diverse.

La seconda è condensata nella parola shamòr. ” Osserva il giorno del Sabato per santificarlo ” (Dieci comandamenti, Deuteronomio 6). In effetti l’osservanza del Sabato comporta l’obbligo di astenersi dal compiere una serie di azioni, dette Melakhòt – che potremmo tradurre “opere creative attraverso cui l’uomo esprime con la propria intelligenza il dominio sulla Natura ” e che hanno il compito di ” ridimensionare ” il potere creativo dell’uomo. La Melakhà cosi’ intesa è diversa dalla ‘avodà, lavoro faticoso o lavoro fatto senza intenzione creativa. I Maestri hanno ampliato la proibizione inserendo anche i lavori faticosi, perché l’esecusione di una ‘Avodà puo’ facilmente trascinare al compimento delle Melakhot.

2) Santità del tempo e santità dello spazio

Secondo la tradizione l’attività creativa piu’ importante per l’uomo, quella per la quale si puo’ parlare di una vera e propriaimitatio Dei, è la costruzione del Santuario, dalla quale si deducono le Melakhoth proibite secondo la Torà. Ebbene, nonostante l’importanza della costruzione del Santuario, simbolo della presenza divina in mezzo al popolo, la Torà proibisce esplicitamente la continuazione della sua costruzione di Sabato: la santità del Sabato è piu’ importante della santità del santuario.

Per sei giorni alla settimana l’uomo puo’ lavorare, creare, trasformare l’ambiente che lo circonda con l’intelligenza che il Creatore gli ha conferito, ma per un giorno alla settimana egli deve rinunciare al dominio, per lasciare che nella sua vita entri Colui cui appartiene il dominio. Per sei giorni l’uomo conquista la natura e lo spazio che lo circondano, ma un giorno alla settimana deve dedicarlo per incontrare Colui che ha creato la natura. Dacreatore, l’uomo si trasforma in creatura, per proiettarsi – non verso l’esterno – ma  verso l’interno, verso se stesso, la società, l’altro uomo: cosi’ quando arriva il Sabato ogni uomo da oggetto, diventa soggetto e partner di un dialogo, troppo spesso soffocato dal turbinio della vita moderna.

Durante i giorni lavorativi l’uomo tende a vivere secondo la modalità dell’avere, in un certo senso ” l’uomo è solo cio’ che ha “, mentre durante il Sabato prevale la modalità dell’essere e ” l’uomo è cio’ che è ” (Fromm) : di Sabato, piu’ che negli altri giorni, l’uomo puo’ cosi’ ritrovare se stesso e incontrare Dio.

3) Il piacere del Sabato

Questa concezione, puo’ farci pensare a una visione esclusivamente spiritualista del Sabato, come se i piaceri del corpo fossero qualcosa di negativo, da evitare di Sabato. Niente di piu’ falso.

Secondo la Torà il lavoro umano è fondamentale, in quanto attraverso di esso l’uomo collabora alla creazione divina: pero’, mediante strumenti appropriati e modelli di comportamento esclusivi, il Sabato assolve a una funzione riequilibratrice che fa uscire l’uomo da un’esistenza proiettata esclusivamente nel mondo della creatività fisica e lo inserisce in quello della creatività spirituale e sociale.

Con l’arrivo del Sabato l’ebreo entra in un clima di kedushà – santità – che ha uno spessore maggiore di quello degli altri giorni, e che per essere respirato ha bisogno di qualcosa di particolare. Secondo la terminologia dei Maestri, all’entrata del Sabato viene riversata nell’uomo un’anima supplementare [neshamà yeterà], che per potersi svelare pienamente ha bisogno che l’uomo si prepari ad accoglierla non solo spiritualmente, ma anche materialmente.

La tavola sabbatica, intorno alla quale si riunisce la famiglia – e gli ospiti che non dovrebbero mai mancare – non risplende solo perché preparata in maniera diversa dagli altri giorni (con una tovaglia pulita, un tovagliolo speciale per coprire le challoth – i pani del Sabato, il bicchiere del kiddush, le candele del Sabato), ma anche perché colma di cibi prelibati, diversi da quelli che vengono messi a tavola nei giorni feriali.

L’idea che, per realizzarsi pienamente, la santità abbia bisogno di essere accompagnata da particolari cibi da consumare nei tre pasti sabbatici obbligatori, puo’ sembrare contraddittoria. L’Ebraismo non solo non ha mai temuto di unire il piacere del corpo a quello dello spirito, ma ha sempre visto in questa unione la meravigliosa completezza del Sabato. Proprio nel Sabato si manifesta uno dei fondamenti dell’Ebraismo che tende ad elevare il mondo materiale — il chol – facendogli assorbire una parte della kedushà del mondo superiore. L’Onegh shabbath, il piacere e la gioia del Sabato, è la composizione meravigliosa del piacere del corpo con quello dello spirito, che spinge l’uomo a cantare le zemiroth, i canti del Sabato.

4) Avere e essere nella settimana ebraica

L’ebraismo attraverso il Sabato sottolinea l’importanza che ha per l’uomo la consapevolezza del vivere secondo la modalità dell’essere : il tempo — che nella civiltà occidentale è stato spesso spazializzato — torna ad assumere il suo ruolo. Lo spazio – la lotta per conquistarlo – divide l’umanità, mentre il tempo la unisce: mentre lo stesso istante appartiene a tutti, anche se ognuno può attribuirgli il significato che preferisce, lo stesso spazio non può appartenere a più persone contemporaneamente. Ecco perché la santità del tempo è piu’ importante della santità dello spazio, ecco perché Israele, come afferma Heschel, non ha costruito le sue cattedrali nello spazio, ma nel tempo. Cosi’ “osserva il giorno del Sabato”, che sembra una categoria negativa , diventa positiva, perché la rinuncia allo spazio, apre nuovi orizzonti all’uomo e puo’ lasciare lo spazio proprio al  ricorda.

È chiaro quindi che se l’ebreo si limitasse ad osservare il Sabato solo astenendosi dal compiere le melakhòth — le opere creative — e non riempisse di contenuto il suo Sabato, finirebbe per svilirne il significato e per non assaporarne l’essenza, che i Maestri paragonano a quella dei tempi messianici.

Vi sono due modi diversi di vivere il Sabato: per chi è completamente immerso nel lavoro quotidiano, l’arrivo del Sabato interrompe un ciclo produttivo e imprime il suo sigillo di santità alla vita; per chi, invece, vive tutta la settimana in funzione del Sabato e cerca di infondere il suo spirito in ogni momento della settimana, il Sabato è il centro dell’esistenza che dona la sua kedushà a ogni istante.

Per assaporare tutta l’essenza del Sabato è quindi necessariovivere questa giornata non come un intermezzo per recuperare le energie per riprendere le proprie attività nei sei giorni successivi, ma come un momento a se stante, in cui il riposo sabbatico non viene turbato da nessun pensiero che riguardi il lavoro; l’uomo deve vivere il suo Sabato come se tutta la sua opera fosse davvero conclusa, tanto da poter applicare a se stesso le parole riferite alla creazione divina “furono terminati i cieli e la terra e tutte le loro schiere“: solo chi ritiene di avere completato la sua opera nel campo dell’avere puo’ lasciare spazio all’essere.

Per questo il Sabato rappresenta a un tempo “la porta dei tempi messianici “, perché restituisce all’uomo quella neshamà yeterà(l’anima supplementare) che perde durante la settimana.

Ogni settimana con il sopraggiungere del Sabato, Israele torna ad essere lo sposo, il partner dello shabbath. Il kiddush, la santificazione sul vino che si fa il Venerdi’ sera, suggella ikiddushin, l’unione con lo shabbath e con Dio stesso.

Bibliografia essenziale (in italiano)

Il Sabato e il suo significato per l’uomo moderno di Abraham J. Heschel

Il Sabato di Dayan Grunfeld (ed. Giuntina)

Il canto dello shabbath di Scialom Bahbout (ed. Lamed)

Il Sabato di Arieh Kaplan

http://www.morasha.it/zehut/sb13_shabbat.html

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