Shabbàt

Il giorno che dà senso a tutti gli altri

Rabbinato centrale Milano
SH-Fonti

6. Zohar

Tratto da “Shabbath – A cura di Augusto Segre”, Ucei 1972

Zohar

Mistica sabbatica della Scekhinàh: Il testo è da intendersi nel senso che, nel Sabato, il lato divino di giustizia‑severità (gevurà) si unisce a misericordia (chésed), ossia il Re (= gevurà) si unisce a Scekhinà.

«E quando il Sabato arriva, la Scekhinah è in perfetta unione con Lui (= con il Re), ed è separata dall’a altro lato » (= dallo aspetto di giustizia tremenda), e tutte le potenze del giudizio severo sono divise da Lei. Ella è in stretta unione con la Santa Luce, ed è coronata con molte corone dal Santo Re, e tutti i principati di severità e tutti i signori di giudizio si allontanano da Lei, e nessuna altra dominazione regna su tutti i mondi, e il volto di Lei è illuminato dalla Luce Suprema, Ella è qui giù, coronata dal Popolo Santo, e tutti coloro che ad esso appartengono, sono dotati di anime» (cioè di anime aggiuntive sabbatiche). (Trat. Terumà 135b)

Il Sabato come festa cosmica:

«’Così dice il Signore: La porta del cortile interno che è rivolta ad oriente sarà chiusa nei sei giorni di lavoro (mentre) nel Sabato e nella neomenia verrà aperta (Ez. 46: 1) ‘… Se si considera attentamente questo verso, ci si accorge che esso contiene un’allusione a noi familiare. Il motivo per il quale la porta non deve essere aperta nei sei giorni lavorativi, sta nella necessità che il profano non faccia uso del sacro. ‘Nel Sabato e nella neomenia verrà aperta’, poiché in tali occasioni il sacro fa uso del sacro, e allora la luna viene a congiungersi con il sole (ossia il Re si unisce alla Scekhinah). Il motivo per cui la porta non deve essere aperta nei giorni lavorativi, sta nel fatto che da essi (ossia dai sei giorni) il mondo inferiore trae sostentamento, e che essi hanno in loro controllo il mondo intero, ad eccezione della terra di Israele: e questa terra non può essere da loro toccata, perché la porta è chiusa. Ma, nel Sabato e nel giorno della neomenia, (i mondi) sono sottratti ad ogni controllo, poiché la porta è aperta, e l’universo è in festa e deriva il suo sostentamento da lì (= dall’alto), e non è sotto alcun potere». (Trat. Noah, 75 b)

Mistica zoharica del Sabato:

Il Prologo di S. ha-Zohar contiene una serie di precetti (precetti di R. Shimeon), che sono tratti dalla lettura midrashica del primo capitolo di Bereshit. Fra tali precetti appare:

«II 14° precetto è l’osservanza del giorno del Sabato, che fu il giorno di riposo da tutte le opere della creazione. Tale precetto comprende due parti, una diretta al riposo del Sabato, l’altra diretta a rivestirlo di santità. Dobbiamo osservare quel giorno come giorno di riposo… per il motivo che fu giorno di riposo dal principio, essendo state tutte le opere della creazione completate prima che quel giorno fosse santificato. Dopo che quel giorno fu santificato, restò un residuo di spiriti per i quali non erano stati creati corpi. Perché, ci si potrebbe chiedere, Iddio non avrebbe potuto attendere di santificare il giorno fino a quando avesse creato corpi per quegli spiriti? Il motivo è che dall’albero della conoscenza del bene e del male venne fuori il ‘potere maligno’ per afferrare il controllo del mondo, e così un numero di spiriti si fecero avanti per acquistare a se medesimi corpi per forza. Appena il Santo, sia benedetto!, vide ciò, sollevò dall’albero della vita un vento che soffiò contro l’altro albero e lo sferzò così che il ‘potere benefico’ sorse e il giorno fu santificato. Perciò la creazione dei corpi e il muoversi degli spiriti in quella notte si verificano sotto l’influenza del potere benefico’ e non del ‘potere malefico’. Se il ‘potere malefico’ avesse sopraffatto in quella notte il ‘potere benefico’, il mondo non potrebbe essere esistito nemmeno un solo istante a causa degli spiriti maligni. Ma il Santo, benedetto Egli sia!, vi provvide in anticipo. Egli affrettò la santificazione del giorno prima che il potere malefico prevalesse, e così il mondo fu stabilito, e invece del dominio del potere malefico sul mondo, come potrebbe essere avvenuto, in quella notte il potere benefico ottenne la vittoria, e in conseguenza corpi e spiriti santi sono creati in quella notte sotto l’influenza del potere benefico…

I nostri maestri di benedetta memoria dicono: Vi sono tre persone che provocano il male su se medesime. Uno è l’uomo che pronunzia una maledizione contro se stesso. Secondo è colui che getta a terra pezzi di pane anche della misura di un’oliva. Terzo è colui che accende la sua candela alla chiusura del Sabato prima che la congregazione abbia terminato la recitazione della Santificazione alla ‘fine del servizio, poiché egli ottiene che il fuoco di gehinnom sia acceso da quella luce prima del suo tempo. Vi è in gehinnom un posto per coloro che profanano il Sabato, e quelli che vi vanno per punizione maledicono colui ‘che ha acceso una candela prima del tempo e pronunziano contro di lui il verso… (Is. 22:17). Poiché non è legale accendere una luce alla chiusura del Sabato prima che Israele abbia pronunziato la Benedizione ‘di Separazione (avdalah) nella preghiera e la Benedizione di separazione sopra la coppa, essendo fino a quel momento ancora Sabato e restando fino a quel momento ‘sopra di noi la santità del Sabato. In quel momento, perciò, quando recitiamo la Benedizione di separazione sopra la coppa, tutte le armate e le schiere che hanno controllo sopra i giorni della settimana ritornano ciascuna al loro posto e al loro incarico. Poiché all’entrata del Sabato e al momento in cui esso è santificato, la Santità sorge e spande il suo dominio sopra tutto il mondo, e la mondanità è esautorata del suo dominio, e fino alla chiusura del Sabato essi (i poteri del mondo) non tornano al loro posto; e anche quando il Sabato si chiude essi non ritornano ai loro posti fino a che gli Israeliti pronunziano le parole: ‘Benedetto sei tu, o Signore, che separasti il santo dal profano’. Allora la Santità si ritira e le armate incaricate dei giorni della settimana sorgono e ritornano ciascuna al loro posto ed ufficio. Ma non assumono il controllo fino a quando non sono illuminate mediante la luce della candela… (Prologo 14a – 14b)

Sulla preghiera sabbatica:

(Durante la preghiera) Il Sabato, Dio stesso scende con i tre patriarchi per salutare la sua unica figlia (Israele?). In tale momento gli esseri celesti che sono chiamati con il nome del Signore (= Uriel, Gabriel, Michael ecc.) esclamano: Alzate le vostre teste, o porte, e siate esaltati, voi eterne entrate!, e subito le porte dei sette palazzi volano aperte. Il primo palazzo è il palazzo dell’amore; il secondo del timore; il terzo della misericordia, il quarto della profezia attraverso chiaro specchio; il quinto della profezia attraverso lo specchio infocato; il sesto della rettitudine; il settimo della giustizia. (Trat. Bereshith 24a)

Su Shabbath Shalom:

«Poiché quando il Sabato è santificato nella sera del venerdì, un tabernacolo di pace discende dal cielo e si spande sui mondo. Questo tabernacolo di pace è Shabbath, e quando esso discende, tutti gli spiriti maligni e i demoni e tutte le creature impure si nascondono negli orifici delle macine delle voragini del grande abisso. Poiché quando la Santità si stende sopra il mondo, lo spirito di impurità resta inattivo, poiché si evitano l’una l’altro. Ecco perché il mondo, nella vigilia del Sabato, è sotto speciale protezione, e non ci si chiede di recitare la preghiera: ‘che custodisce il suo popolo di Israele, per sempre’. Questa preghiera è stata stabilita per i giorni della settimana, quando c’è bisogno della protezione. Ma di sabato un tabernacolo di pace è disteso sul mondo intero, che così è protetto da ogni lato. Persino i peccatori di gehinnom sono protetti, e tutti gli esseri sono in pace, sia nelle sfere superiori che in quelle inferiori, e perciò concludiamo la nostra preghiera, in questo giorno, con le parole: ‘che spande un tabernacolo di pace sopra di noi e su tutto il suo popolo di Israele e su Gerusalemme’… Perciò ci conviene invitare quel tabernacolo a estendersi sopra di noi e a restare sopra di noi e a proteggerci come la madre protegge i suoi figli, così da farci sentire sicuri d’ogni lato». (Trat. Bereshith 48 a)

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