Shabbàt

Il giorno che dà senso a tutti gli altri

Rabbinato centrale Milano
SH-Pensiero

Il quarto comandamento

Tratto da “Asseret Hadibberot – Le dieci parole”

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“Ricorda il giorno dello Shabbat per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tua opera. Ma il settimo giorno è Shabbat per il Signore tuo D-o.

Non farai alcuna opera tu, tuo figlio, tua figlia, il tuo servo, la tua serva, il tuo animale ed il forestiero all’interno delle tue porte – per sei giorni il Signore creò il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che era contenuto in essi, si riposò nel settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno dello Shabbat e lo ha santificato”

Ramban spiega la posizione dello Shabbat nella sequenza dei Comandamenti: primo il Signore ci ha comandato di credere nella Sua esistenza, nel Suo ruolo di Creatore che conosce, capisce ed in quanto Onnipotente controlla gli eventi; poi il Signore ci ha comandato di adottare lo Shabbat come un vivido segno e perpetuo riconoscimento che Lui soltanto ha creato ogni cosa.

La descrizione dello Shabbat come una “rimembranza”, significa che questo dovrebbe essere un punto focale di tutte le nostre attività. Il Talmud (Betza I 6a) racconta di Shammai il Vecchio che in tutta la sua vita mangiava in onore dello Shabbat. Infatti se acquistava un bell’animale, egli diceva: “questo sarà in onore dello Shabbat”; se il giorno successivo trovava un animale ancora più bello, egli designava quest’ultimo per lo Shabbat e usava il primo per un altro giorno.

La Mekhiltà insegna che lo Shabbat dovrebbe essere la luce principale della settimana di un Ebreo. R’ Ytzchak dice: “non contare i giorni come fanno gli altri; piuttosto devi contare ogni giorno della settimana in relazione allo Shabbat”. Ramban riprende: “le altre nazioni considerano i giorni della settimana come correlati gli uni agli altri. In tal modo essi danno ad ogni giorno il nome delle forze celesti. Israele invece conta tutti i giorni in funzione dello Shabbat: un giorno dopo lo Shabbat, due giorni dopo lo Shabbat, ecc. Pertanto noi osserviamo tale Comandamento ogni giorno della settimana.”

Quando arriva lo Shabbat si dovrebbe studiare le sue leggi ed i suoi concetti filosofici al fine di innalzare la consapevolezza della santità di questo giorno.

Si deve aver cura di evitare conversazioni che potrebbero distrarre dalla santità dello Shabbat, discussioni di affari trascinano il pensiero dell’uomo dal sacro, dallo spirituale regno dello Shabbat al profano e mondano mondo di tutti i giorni. Allo stesso modo si dovrebbe bandire dalla propria mente tutte le preoccupazioni. Al fine di ricordare in modo proprio le gioie dello Shabbat, si devono dimenticare tristi e dolenti pensieri (Sefer Chassidim).

Ricorda (e osserva) lo Shabbat

Nel capitolo dell’Esodo (Yithrò) il Decalogo comanda zakhor, ricorda il Sabato, mentre nella ripetizione dei Dieci Comandamenti (Deuteronomio 5:12), vi è scritto shamor, osserva lo Shabbat.

Ramban spiega che ricorda è un comandamento positivo che consente di adempiere ad atti che intensificano la santità dello Shabbat. Osserva è un comandamento negativo che ci avverte di prevenire e di frenarci dalla profanazione dello Shabbat. Con riferimento a questi differenti significati i rabbini (Mekhiltà; Shavuot 20b) insegnano: Ricorda e Osserva sono parole pronunciate simultaneamente, impresa miracolosa e sovrumana che nessuna bocca può articolare e nessun orecchio può sentire. Come spiegano i Saggi sebbene il Signore abbia pronunciato un singolo suono, Israele ha sentito due comandamenti separati. Con tale spiegazione i Salmisti lodano il Signore (Salmi 2:12): Una volta il Signore ha parlato; due volte io ho sentito – tale forza appartiene al Signore. Lo scopo del miracolo era di dimostrare che onorare il Sabato ed evitare la sua profanazione sono atteggiamenti correlati.

Ramban spiega che alle donne è richiesto di osservare tutti i comandamenti negativi, ma sono esentate dall’osservare mitzvoth asè shehatzeman gheramà, i comandamenti positivi che dipendono da un tempo particolare. Soltanto se la Torà richiede chiaramente alla donna di osservare tali comandamenti essa è obbligata ad attenersi a tali regole. Conformemente, le donne non sarebbero responsabili di trasgredire lo Shabbat, a loro non sarebbe richiesto di osservarlo nei modi positivi come proclamare la sua santità attraverso la recitazione del kiddush, bei vestiti o cibo migliore. Però Shabbat è una delle eccezioni in cui la donna è obbligata in tutti questi aspetti anche se questo è un comandamento positivo. Deriviamo questo dal fatto che la positività e negatività del comandamento viene data in un singolo suono; pertanto ciò implica che entrambi hanno lo stesso valore e sono ugualmente incombenti su ognuno. Sebbene la donna è obbligata a non violare il comandamento negativo, anche a lei è richiesto di ricordare lo Shabbat attraverso la recitazione del Kiddush (Shavuot 20b).

Il Talmud (Shabbat 33b) narra di un vecchio che correva per le strade prima dell’inizio dello Shabbat portando con se due fasci di rami di mirto fragrante. Quando gli chiesero di spiegare tale consuetudine, lui rispose che stava correndo fuori per accogliere lo Shabbat con questa fragranza piacevole. Allora gli chiesero: “ma perché un fascio non è sufficiente?” e il vecchio rispose: “un fascio allude al comandamento Ricorda, l’altro fascio allude al comandamento Osserva.

Quando R’ Shimon bar Yochai ascoltò tale fatto esclamò a suo figlio: “Osserva quanto sia prezioso ogni comandamento al popolo ebraico”.

Per santificarlo

Da questo noi impariamo che all’inizio dello Shabbat si celebra una speciale proclamazione: il Kiddush, santificazione. Questo è il modo proprio per ricordare lo Shabbat. Sebbene la richiesta della Torà sia soddisfatta mediante una proclamazione verbale come quella delle preghiere dello Shabbat, i Rabbini intensificano la mitzvà richiedendo che il Kiddush sia recitato su una coppa di vino, la bevanda della gioia divina (Pesachim 106a, 107a).

Rambam insegna che la santificazione dello Shabbat è una chiara dimostrazione della supremazia del settimo giorno su tutti gli altri giorni che lo precedono e che lo seguono. Ciò si realizza attraverso la recitazione di benedizioni su questo giorno benedetto e santificato, sia all’inizio dello Shabbat (Kiddush) che alla sua conclusione (Havdala) per distinguerlo dagli altri giorni della settimana in entrambi i momenti (Sefer Hamitzvoth e Hil. Shabbat 29:1).

La Mekhiltà osserva: ostenta l’unicità dello Shabbat! Vesti differentemente, mangia differentemente, bevi differentemente!

Se vuoi sperimentare qualcosa relativa all’esistenza spirituale del Mondo che Verrà, santifica lo Shabbat (Otiot R’ Akiva).

R’ Shimon bar Yochai insegnava (Bereshit Rabba 22:8): i primi sei giorni della settimana sono formati da tre coppie di due giorni ciascuno. Lo Shabbat protestò davanti al Signore dicendo: “ogni giorno ha il suo compagno, ma io non ho compagno!” Il Signore replicò: “Il popolo ebraico è il tuo compagno”

Nel Sinai il Signore ordinò al popolo: “Ricorda che ho detto allo Shabbat che tu sarai il suo compagno”

Questa interpretazione del Midrash è basata sulla relazione tra la parola Leqaddeshò, per santificarlo, e Qiddushin, fidanzamento. Pertanto il Midrash insegna che lo Shabbat e Israele sono, per così dire, fidanzati (Maharzu).

Il Chafetz Chaim insegna che l’esortazione leqaddeshò, per santificarlo, rappre- senta un livello di coinvolgimento dello Shabbat che supera gli stadi preliminari di Ricorda e Osserva. Un Ebreo può scaricare il suo dovere di Ricordare ed osservare lo Shabbat eseguendo distrattamente pochi rituali familiari ed osservando casualmente poche restrizioni noiose – ma tale Shabbat è dolorosamente scarso di santità.

Per santificare lo Shabbat ci si deve immergere nel suo potente spirito e inebriarsi

delle sue sensazioni. L’Ebreo deve usare ogni prezioso momento dello Shabbat per salire sempre più vicino a D-o.

Sei giorni lavorerai

Così come il popolo ebraico è obbligato a riposarsi il settimo giorno, esso è obbligato a lavorare nei sei giorni precedenti (Mekhiltà De Rashbi).

Se una persona non ha lavoro, aiutatelo a trovarlo! Se egli ha una proprietà abbandonata, aiutatelo a costruirci sopra; se ha un campo desolato, aiutatelo a rivitalizzarlo (Avot De Rabbi De Natan 11).

Sforno nota che la parola ta avod (lavorerai) ha la stessa radice di eved, schiavo. Come uno schiavo lavora per un padrone e non ha personale profitto dalla sua produttività, così una persona dovrebbe riconoscere che la sua lotta durante i giorni della settimana gli porta dei profitti non permanenti; questo mondo è temporaneamente suo. In questo modo un Ebreo dovrebbe vedere il suo lavoro settimanale: lui lavora per necessità, ma il suo lavoro spirituale durante lo Shabbat è realmente suo. (Nei sei giorni della settimana i figli di Israele sono partner con D-o nella creazione, lavorando per aumentare ogni cosa che D-o ha forgiato. Nel settimo giorno essi restano insieme con D-o e proclamano che Lui è il Re).

E farai ogni tua opera

Sii occupato tutta la settimana ma quando arriva il settimo giorno tutti i lavori devono fermarsi. Non solo il corpo cessa i suoi esercizi fisici, anche la mente deve riposare dalle sue preoccupazioni mondane.

Quando inizia lo Shabbat ci si deve sentire come se tutti i compiti della settimana siano completati e non si è tralasciato nulla a cui pensare, eccetto la santità dello Shabbat (Rashì).

Queste parole sono una assicurazione divina a coloro che osservano lo Shabbat. Alcune persone possono lamentarsi che il giudaismo lasci troppo poco tempo per il lavoro produttivo e profittevole. Un giorno su sette è sciupato e anche nei rimanenti sei giorni la richiesta di spiritualità è forte. In risposta D-o promette: “Dedicate le vostre vite a Me e alla consacrazione del Mio Shabbat ed Io vi garantisco che avrete bisogno di non più di sei giorni di lavoro al fine di compiere tutti i vostri doveri”. Comunque, anche l’opposto è vero. Qualcuno che non ha fede in questa promessa fallirà in tutte le sue imprese e non riuscirà mai ad avere tempo sufficiente per i suoi affari (R’ Bachya; Alshikh).

Ramban spiega la differenza di significato della parola lavoro utilizzata in questo verso con due termini diversi: avodà (ta avod) e melakhah (melakhteka). ‘Avodà si riferisce al lavoro che produce benefici non immediati al lavoratore, come il lavoro nei campi o nelle costruzioni; mentre melakhà si riferisce a quei lavori, come cucinare, che danno un piacere immediato. Pertanto il nostro verso dice che sebbene l’uomo durante la settimana debba fare lavori non piacevoli (‘avodà), così come fa anche lavori che gli danno piacere e beneficio (melakhà), durante lo Shabbat lui deve astenersi da tutti i lavori proibiti, anche da quelli che provvedono ai suoi bisogni immediati.

Ma il settimo giorno è Shabbat (cessazione) per il Signore tuo D-o

Chiunque cessi di lavorare il settimo giorno offre testimonianza a D-o provando che Lui ha creato il mondo in sei giorni e si è riposato nel settimo (Midrash Lèkah Tov).

R’ Yonah ammonisce: non cessare di lavorare come un uomo ozioso che poltrisce senza fare niente. Il tuo riposo di Shabbat deve essere dedicato al Signore tuo D-o! Utilizza il tuo tempo libero per la grande attività spirituale. Impegnati nello studio della Torà e meravigliati dei miracoli del Creatore.

Pesikta Rabbati insegna: fai in modo che la tua cessazione dal lavoro durante Shabbat somigli alla cessazione dal lavoro di D-o. Egli ha creato il mondo con le parole della Sua bocca, ed Egli si è trattenuto da tali espressioni nel settimo giorno; così tu devi trattenerti dal fare discorsi non necessari nel settimo giorno. I Rabbini si riferiscono a ciò che Shimon bar Yochai avrebbe ricordato alla madre: “madre è Shabbat”, e lei sarebbe rimasta in silenzio.

R’ Aivu insegna che durante Shabbat non solo uno dovrebbe controllare le sue azioni e le sue parole ma dovrebbe domare anche i suoi pensieri3.

Non farai alcuna opera

3 Questa disciplina è illustrata nel seguente racconto una volta un uomo pio, durante Shabbat, girovagava nei suoi vigneti per ispezionare la sua proprietà. Egli vide una breccia in una parte di muro e decise che lo avrebbe riparato subito dopo Shabbat. Più tardi egli rimpianse la sua decisione perché sentiva di avere profanato la santità del giorno per avere pianificato delle attività della settimana. Per non commettere una mancanza, decise che non avrebbe mai riparato quella la breccia.

Il Santo Benedetto Egli Sia lo ricompensò ampiamente per la sua devozione. Un enorme albero da frutto crebbe in questa breccia riempiendola, e l’uomo pio guadagnò generosamente con gli introiti derivanti dall’abbondanza dei frutti dell’albero (Shabbat 150a).

Sebbene melakhà è tradotto con la parola lavoro, per la mancanza di una traduzione più accurata, la traduzione dà soltanto una approssimazione della natura della proibizione. Come è ovvio da alcune leggi familiari dello Shabbat, è abbastanza comune che alcune grosse azioni siano permesse mentre atti che sembrano trascurabili siano proibiti. Per esempio, servire più ospiti in un pasto festivo è sicuramente un compito faticoso, ma è permesso, mentre è proibito uscire di casa portando un fazzoletto o una chiave. Similmente si incorre nella stessa trasgressione, sia toccando l’interruttore della luce, sia creando il fuoco laboriosamente strofinando delle pietre per fare delle scintille. R’ Hirsch nota che la parola melakhà appare nelle scritture circa duecento volte, ma mai significa lavoro faticoso.

La definizione di lavori proibiti di Shabbat derivava dal lavoro richiesto nella costruzione del Mishkan, il Tabernacolo nel deserto. I Maestri hanno identificato 39 maggiori categorie di lavoro nella costruzione del Tabernacolo e tali categorie sono proibite durante lo Shabbat.

R. Hirsch spiega che la natura su cui si basano questi lavori proibiti è che essi rappresentano la capacità dell’uomo di realizzare con intelligenza una intenzione. Pertanto per violare una proibizione della Torà l’atto deve essere intenzionale, costruttivo, fatto nella maniera usuale.

È istruttivo notare che la parola melakhà ha la stessa radice di malakh (angelo). Un angelo è un qualcosa che esiste soltanto per servire uno scopo, una esecuzione del volere divino. Pertanto i lavori dello Shabbat presuppongono e necessitano di una volontà, piuttosto che di un impegno faticoso.

Quando il popolo ebraico abbandonò D-o e adorò gli idoli in Egitto si insinuò il sospetto che D-o non fosse onnipresente, ma che vari dei fossero presenti ognuno su un territorio. Allora D-o comandò ad Israele di costruire un Tabernacolo che avrebbe simbolizzato il mondo come un micro cosmo. La presenza di D-o occupò il Tabernacolo ed Egli dichiarò: “Così come la Mia presenza permea ogni centimetro del Tabernacolo, così la Mia presenza pervade ogni area e atomo dell’intero mondo, sebbene gli uomini non mi percepiscono”. Visto in questa luce il Tabernacolo simbolizza tutta la creazione e le forme di lavoro costruttivo che servirono alla sua costruzione sono un simbolo della creazione dell’universo. Una testimonianza appropriata del nostro riconoscimento del Signore come Creatore, il quale si è astenuto dal lavorare di Shabbat, sta nel fatto che noi ci asteniamo da ogni tipo di lavoro mediante il quale fu costruito il Tabernacolo (R’ Yitzchak Rutner, Kuntres Hashabbat 6).

Tu, tuo figlio, tua figlia

Questo comandamento obbliga i genitori a controllare i loro figli ancora minorenni e quindi soggetti alla loro potestà. Il verso però non include i figli che hanno raggiunto l’età del Bar Mitzvah e che sono quindi responsabili essi stessi come gli altri di osservare i Comandamenti (Mekhiltà)4.

L’espressione utilizzata nel comandamento per lo Shabbat è unica, infatti le scritture enfatizzano Tu, tuo figlio e tua figlia. 1n nessuna altra parte della Torà si avverte una persona insieme alla sua famiglia. Non si dice tu non mangerai animali proibiti, tu, tuo figlio e tua figlia. Certamente ogni genitore è responsabile per

ll tuo servo e la tua serva

La Mekhiltà osserva che ciò non si riferisce agli schiavi ebrei in quanto loro restano ebrei a dispetto della loro schiavitù e sono obbligati ad eseguire tutti i comandamenti. Pertanto non c’è alcuna ragione di specificare che un padrone non deve far lavorare i suoi schiavi ebrei durante Shabbat. Il verso si riferisce quindi ai gentili che sono stati venduti ad ebrei e sono entrati nel berith, patto, gli uomini attraverso il rito della circoncisione e del bagno e le donne attraverso il rito del bagno. Il loro padrone ha degli obblighi personali per assicurarsi che essi rispettino lo Shabbat.

ll tuo animale

Una persona non può permettere che il suo animale lavori o trasporti un carico durante Shabbat, né può prestare o affittare i suoi animali a un non ebreo che li fa lavorare di Shabbat.

La seconda versione dei comandamenti (Deuteronomio 5:14) aggiunge: il tuo bue ed il tuo asino e tutti i tuoi animali (si veda Bava Kama 54b).

Mèshekh Cokhmah spiega che la prima versione cita le ragioni del riposo dello Shabbat come ricordo del “riposo” di D-o dopo sei giorni di Creazione. Poiché tutti i tipi di animali furono creati in questo periodo, è ovvio che tutto il tuo bestiame, non importa a quale specie appartenga, deve riposare. La seconda versione indica l’Esodo dall’Egitto come la ragione del riposo dello Shabbat. Quando la gente vede che anche gli animali si riposano durante lo Shabbat, loro ricorderanno che D-o ci ha permesso di riposare dalla schiavitù egiziana. Comunque si potrebbe pensare che il bue e l asino non abbiano bisogno di “attestare” la salvezza attraverso il riposo dello Shabbat, in quanto questi vengono utilizzati in una mitzvà differente che ricorda l’Esodo. La Torà insegna che il bue primogenito deve essere sacrificato e l’asino primogenito deve essere redento. Perciò indica queste due specie in particolare, per sottolineare che nonostante la santità derivante dalla loro primogenitura, essi sono inclusi nelle direttive relative al riposo dello Shabbat.

Ed il forestiero all’interno delle tue porte

La Mechilta identifica il forestiero come gher zedeq, convertito virtuoso, che diventando ebreo accetta tutte le mitzvoth della Torà. Qualche volta la Torà usa la parola gher per riferirsi al gher toshav, non ebreo residente, al quale è permesso di risiedere in Eretz Israel sulla base della sua promessa di osservare le sette leggi di Noè. A tale persona non è richiesto di osservare lo Shabbat. Il convertito virtuoso è descritto come all interno delle tue porte perché una conversione secondo la normativa ebraica deve essere eseguita all’interno di un Beth Din, Tribunale Rabbinico, composto da tre persone. Il termine tue porte si riferisce al Tribunale in

l’osservanza dei precetti per i propri figli, ma il precetto di osservare lo Shabbat è molto più grande di qualsiasi altra cosa.

quanto era consuetudine che il Beth Din si riunisse alle porte della città (Deuteronomio 16:18). Questo verso implica che il convertito è benvenuto ed accettato all’interno della comunità e partecipa pienamente alla santificazione dello Shabbat nonostante le sue origini gentili.

Perché (in) sei giorni il Signore fece

La proposizione non include il prefisso be, in (besheshet, in sei). Letteralmente shèshet iamim asha Ashem vuole dire sei giorni il Signore fece; ciò implica che il Signore creò gli stessi giorni. La ragione di questa costruzione inusuale consiste nell’indicare che anche la concezione del tempo, l’esistenza delle ore, dei giorni e dei minuti, è stata creata da D-o. Prima che D-o creasse l’universo c’era soltanto una eternità senza tempo e non strutturata. Quando D-o creò la terra ed il cielo, Egli creò anche la dimensione del tempo. Il nostro verso indica che D-o decretò che lo Shabbat fosse “l’anima” del tempo ed il punto focale del calendario ebraico (R’ Bachya).

La Torà nel capitolo dell’Esodo cita lo Shabbat come ricordo della Creazione. Nella

seconda versione (Deuteronomio 5:15) la Torà offre una spiegazione differente dicendo: e ricorderai che tu eri schiavo nella terra di Egitto e che il Signore tuo D-o ti ha fatto uscire da lì con braccio potente e mano tesa. Perciò il signore tuo D-o ti ha comandato di osservare lo Shabbat (si veda Maimonide, More Nevukhim 11:32). Meshekh Chokhmah (Va’etchanan) spiega che lo scopo principale del riposo dello Shabbat è di ricordare il ruolo di D-o come Creatore dell’universo (come è scritto nella prima versione), in questo contesto anche le altre nazioni, riconoscendo D-o come creatore, sarebbero obbligate a rispettare il Sabato.

La seconda versione dei Comandamenti spiega l’unica relazione tra Israele e lo Shabbat. Le altre nazioni non furono spettatrici del ruolo di D-o come Supremo Controllore della Creazione, ma Israele lo fu. Egli punendo l’Egitto dimostrò ad Israele il Suo dominio su tutte le aree della natura. Poiché la nazione ebraica era nata a quel tempo, quando D-o si manifestò nel ruolo continuato di Creatore, la singolare missione di Israele è di osservare lo Shabbat come mezzo di diffusione della verità (Ramban, Deuteronomio 5:15).

ll cielo, la terra, il mare e tutto ciò che in essi era contenuto

La Mekhiltà De Rashbi nota che il mare è una parte del globo e non ha bisogno di essere menzionato separatamente. La Torà lo nomina soltanto per enfatizzare che l’importanza del mare è uguale a quella del cielo e della terra uniti insieme. Meshekh Chokhmah spiega che il mare è sempre accomunato alla purezza e gode dell’intensa presenza di D-o perché rimane incontaminato e non profanato dalla presenza umana.

E si riposò nel settimo giorno

La Mekhiltà si meraviglia: D-o ha veramente bisogno di riposo? Il profeta dice di D-o: l’Eterno Signore D-o, il Creatore dei confini della terra non fatica, non è stanco. Lui infonde la forza a colui che è stanco ed accresce l’energia dell’esausto (Isaia 40:28-29). Senza dubbio le Scritture si riferiscono a D-o in termini umani per enfatizzare il significato dello Shabbat. Se D-o, che non ha bisogno di riposo, si è riposato il settimo giorno, sicuramente l’uomo che è nato per la fatica (Giobbe 5:7) dovrebbe cessare il suo lavoro nel santo giorno.

Pertanto il Signore ha benedetto il giorno dello Shabbat e lo ha santificato

Secondo Rav Saadia Gaon la benedizione e la santificazione in senso profetico si riferiscono a coloro che osservano la santità dello Shabbat.

Ramban spiega che la santificazione dello Shabbat è la fonte di tutte le santificazioni ed è alla base del mondo.

Secondo Radak lo Shabbat è quel giorno durante il quale l’uomo, libero dalle preoccupazioni mondane, si può immergere nella saggezza e nella spiritualità. D- o pertanto ha benedetto questo giorno comandando agli Ebrei di riposarsi e santificarlo. Lui lo ha santificato distinguendolo dagli altri giorni. Questo è il giorno durante il quale gli Ebrei si astengono dal lavoro come un segno tra loro e D-o.

Rashì scorge in questo verso un’anticipazione del futuro: Egli benedì lo Shabbat attraverso la manna, nel sesto giorno ne cadeva una porzione doppia per la preparazione dello Shabbat; e lo ha santificato attraverso la manna, che durante Shabbat non cadeva (Esodo 16:22).

Or Hachaim concorda con il Midrash menzionato da Rashì; è un’allusione agli eventi futuri, ma il pieno significato del verso è che D-o diede allo Shabbat una benedizione che lo elevò al di sopra delle vicissitudini di questo mondo.

La creazione richiede lavoro per provvedere al cibo e a tutte le necessità umane. Tale lavoro è proibito di Shabbat nonostante che lo Shabbat sia onorato attraverso tre pasti prescritti. D-o santificò lo Shabbat dando l’abbondanza nonostante l’astinenza dal lavoro necessario ad averla.

La Mekhiltà cita l’opinione di R’ Shimon che dice: “D-o ha benedetto lo Shabbat attraverso la faccia luminosa dell’uomo. D-o dota il viso di colui che osserva Shabbat di una luminescenza spirituale, dimostrando che il santo spirito di D-o si arresta su di lui”.

La santificazione dello Shabbat, come è noto, consiste nell’esaltazione spirituale, una santità che lo distingue da tutti gli altri giorni. In contrasto con le altre festi- vità, che dipendevano dalla luna nuova e dai conseguenti calcoli del Tribunale Rabbinico, lo Shabbat è imbevuto di una sua santità, indipendente dall’attività umana. Tale santità è stata data dal Creatore il quale ha ordinato che questa si manifestasse ogni sette giorni, senza interruzioni, per testimoniare la sovranità di D-o sull’universo.

Asseret Hadibberot – “Le dieci parole”

in occasione del matrimonio di Giacomo Kahn e Eleonora Di Porto, 16 maggio 1999 – 1 Sivan 5759

Antologia di commenti raccolti da Rabbì Avrohom Chaim Feuer tratti dal Talmud, dal Midrash e da fonti rabbiniche e pubblicata in Aseres hadibros da Mesorah Pubblications ltd (www.artscroll.com) a cura di Rabbì Nosson Sherman

Traduzione a cura di Eleonora Di Porto e Giacomo Kahn

Digitalizzato da David Pacifici nell’aprile 2001, Iiar 5761 per www.torah.it studia@torah.it

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